lunedì 28 maggio 2012

Il Bandito ed il Campione

Quando ho deciso di volermi proporre ad un editore, per intraprendere la strada della pubblicazione, la prima difficoltà è stata selezionare una storia adeguata: non volevo nulla di troppo complesso od articolato, pensavo ad un volume leggero che potesse fungere da presentazione per me ed introduzione all'ambientazione. Il mio obiettivo non è quello di creare una saga incentrata su un unico argomento o su un singolo gruppo di personaggi, desidero piuttosto presentare la storia, l'evoluzione e la fine di un mondo seguendo i passi di coloro che, in vari luoghi ed in diverse epoche, ne hanno definito il destino.

Trattandosi di un'ambientazione quanto meno colorita, per poter rimanere fedele all'idea di introduzione, ho pensato di dedicare questo primo *cof*ro *cof*man *cof*zo a vicende riguardanti la stirpe più simile alla razza umana. Pur non avendo velleità di ammantare la narrazione di alcuna reale attinenza storica, ho cercato di creare una struttura sociale e culturale realistica (o per lo meno credibile senza ricorrere ad eccessiva sospensione dell'incredulità), cercando di dare un punto di vista "umano" e quindi più abbordabile ad un mondo molto al di fuori degli schemi della logica e della realtà di tutti i giorni.

Una volta stabilito di usare gli "umani" come chaperon, scegliere l'evento da narrare è stata una naturale conseguenza: in un popolo tanto dipendente dalla religiosità nulla poteva aver maggior rilevanza del periodo di passaggio dal politeismo al monoteismo. La zona geografica mi era chiara ed anche gli eventi nel loro svolgersi generale, non avevo che da definire le cose più nel dettaglio e delineare i protagonisti. Incrociando appunti, time-line, mappe, logica e ragion pura sono giunto ad una società di montanari non troppo dissimile da quelle risalenti alla tarda età del bronzo; tra loro è nata una piccola mandria di coprotagonisti, spalle e comparse capeggiata dai due protagonisti della vicenda: Ureach e Leyhod.

Nella costruzione di questi due personaggi ho cercato di rendere palpabili le loro similitudini, poiché parte di un piccolo gruppo di comunità sorte in una valle molto isolata dovevano partire da un background comune, ed allo stesso tempo di rendere ben chiare le differenze. Ureach, granitico nella propria moralità e dotato di una fede adamantina, contrapposto a Leyhod, uno zelota della sopravvivenza e disposto ad ogni astuzia pur di raggiungere gli obiettivi che si prefigge. Due individui legati da uno scopo comune ma diversi come l'alba ed il tramonto.

Avevo appena dato le ultime pennellate ad Ureach, il valente Campione di Arhim Eritz e mi accingevo a far altrettanto con lo scapestrato Leyhod quando il destino ci ha messo lo zampino e mi sono trovato ad ascoltare la canzone di de Gregori "Il Bandito e il Campione". Un secondo più tardi stavo lavorando di cesello per far si che Leyhod fosse "Bandito" quanto Ureach era "Campione", una piccola soddisfazione per il mio io infantile, un modesto omaggio alla splendida canzone di de Gregori ed una nota di colore per un personaggio che ha tutta la mia simpatia.

Stay Tuned.

mercoledì 23 maggio 2012

Cowbird: Il carrello fantasma.




Tornavo a casa dopo una visita al Castello di San Giusto, era quasi l'ora di pranzo ma visto quanto avevo gozzovigliato il giorno precedente non avevo alcuna intenzione di mangiare. Nonostante il cielo coperto e la pioggerellina la lunga passeggiata mi aveva provocato una certa arsura e non avendo nulla da bere a casa mi sono fermato per comperare una bottiglia d'acqua.

L'orario non era dei più propizi, c'era un sacco di gente e viste anche le piccole dimensioni del supermercato l'ambiente appariva abbastanza affollato. Lo scaffale delle bibite si trovava all'estremità opposta del corridoio delle casse, una volta presa la mia bottiglia mi è bastato fare un singolo passo per prendere il mio posto in fila visto quanto questa era lunga.

Le due persone dinnanzi a me erano un uomo ed una donna sui sessant'anni, ognuno con il proprio carrello ed entrambi intenti ad osservare i ripiani della birra. Silenziosi e metodici scorrevano le etichette e lì per lì ho sorriso della stranezza di un comportamento tanto simile da parte dei due. Poi l'uomo ha preso una confezione di birra "Eccola qui" e si è mosso verso la donna, ora evidentemente la moglie, depositando le bottiglie nel carrello più avanti.

C'erano loro, c'era un carrello senza padrone e poi c'ero io con la mia bottiglia d'acqua, intento a cullarla in modo alquanto equivoco. Ci ho pensato qualche secondo e poi ho azzardato una domanda. "Scusate, questo carrello non è vostro?"

"No no, è di una signora." Ha detto lei "L'ha lasciato qui ed è andata via." Ha puntualizzato lui.

Ho aspettato ancora qualche tempo, la fila era avanzata di un paio di persone ed ora tra i due simpatici vecchietti ed il carrello abbandonato c'era un metro abbondante di spazio vuoto. La spesa abbandonata sarebbe bastata a riempire la dispensa di una famiglia numerosa: pacchi di pasta, farina, zucchero, uova, olio, vino, birra, pacchi di carne, pane, affettati.

Un altro cliente aveva pagato e la fantomatica signora ancora non era arrivata a riprendere possesso del carrello, a quel punto sono passato oltre raggiungendo i due vecchierelli della birra. Lui mi ha guardato, ha guardato la mia bottiglia d'acqua e poi è tornato a guardare verso l'alto, mi aspettavo volesse propormi di passare avanti e stavo riscaldando il sorriso di ringraziamento, ma si è voltato senza aprir bocca. Poco male, non avevo fretta ... ma un po' ci sono rimasto male.

Pochi istanti dopo, preannunciata da un tremito nella forza, è arrivata la proprietaria del carrello: una donna sui cinquanta, accompagnata da una seconda signora della medesima età. Entrambe portavano alcuni sacchetti di frutta e verdura, almeno tre o quattro a testa, quantità perfettamente in linea con la montagna di spesa già nel carrello.

Al tremito nella forza si è unito un cigolar di violini da film horror mentre la donna guardava il proprio carrello, poi guardava me ed infine si sporgeva oltre a me per osservare i due signori che avevo dinnanzi. Poi, con la tipica faccia tosta posseduta solo dalle donne più vicine alla senilità che alla maturità si è rivolta verso di me e mi ha apostrofato: "Giovanotto ... c'ero prima io."

Guardo la mia unica, sola, povera, misera bottiglia d'acqua naturale, poi osservo il carrarmato di libagioni in suo possesso e vesto l'espressione ebete di qualcuno incapace di comprendere come la signora possa avere la pretesa di passarmi davanti dopo aver abbandonato il proprio carrello per almeno cinque minuti ... visto e considerato che per pagare io ci avrei impiegato dieci secondi, e lei almeno un'ora e mezza.

La signora interpreta la mia titubanza come un guanto di sfida e viene colta da sacro furore. "Quando sono arrivata ero dietro ai signori, c'ero prima io." Dichiara indicando i due dinnanzi a me, i quali per evitar di esser presi in causa tengono lo sguardo fisso davanti a loro nemmeno fossero Guardie Inglesi. "E tu non c'eri." Puntualizza (in realtà la sua parte di discussione è stata in dialetto triestino, ma non sono in grado di scriverlo).

"Guardi, le assicuro che quando mi sono messo in fila lei non c'era. Me ne ricorderei."
"No. Sono arrivata prima, solo che avevo dimenticato di prendere la frutta."
"Pensi un po' il caso, a me è successa la stessa cosa."
Mi guarda in cagnesco, fiuta la trappola ma non resiste alla tentazione: "Cosa?"
"Mi ero appena messo in fila dietro i signori, prima che lei arrivasse, poi mi sono accorto di aver dimenticato l'acqua." e le ho mostrato la mia bottiglia.

La mia affermazione l'ha presa così di sprovvista da lasciarla senza parole: ha osservato me e la bottiglia come se stesse cercando di trovare le somiglianze tra un bimbo ed il padre, dandomi il tempo di chiudere il discorso. "Buona giornata signore."

Stay Tuned

domenica 20 maggio 2012

Non siamo noi ad essere razzisti ...




... sono loro ad essere napoletani!

Per prima cosa voglio spendere qualche parola riguardo al titolo che ho scelto. Si tratta di una provocazione voluta, della citazione di una battuta vecchia di anni e parte dello spettacolo di un comico dal chiaro accento partenopeo. Quanto segue non parlerà quindi di razzismo ma di "razzismo".

Giornata di sole in quel di Trieste, macchina parcheggiata da un capo della città mentre casa è dal lato opposto, poco male due passi faranno del bene ai muscoli, alla linea ed all'abbronzatura. Meno bene l'essere arrivati fin sotto casa solo per scoprire di aver dimenticato le chiavi in auto. Si sa, chi non ha cervello ha gambe, second lap!

Percorrevo la Riva Grumula stando adeso adeso alla marina e godendomi lo spettacolo della fitta foresta d'alberature quando una frenata improvvisa mi ha portato a ruotare il capo in direzione della strada. Tre ameni signori, abiti lisi, sacchetti di plastica del discount e gelato a stecco in mano stavano attraversando la strada.

Il semaforo e le strisce pedonali erano ad una decina di passi a valle rispetto al punto da loro scelto per attraversare, cosa che aveva costretto un autista a frenare bruscamente per evitare di arrotare il primo dei tre furbacchioni. Cose che capitano, chi può dire di non aver mai attraversato fuori dalle strisce per evitare un tratto di strada? Su, alzate le mani.

Bene, ora chi questo gioco lo fa a semaforo rosso abbassi la mano, resti a mano alzata solo chi si butta in mezzo alla strada quando le auto hanno il verde.

Fatto? Eccellente. Abbassi la mano chi attraversa di straforo solo se la strada appare libera, resti a mano alzata chi taglia la strada ad auto, moto ed autobus quando questi hanno la precedenza e si trovano a pochi passi di distanza.

Qualcuno ha ancora la mano alzata? Nel qual caso vada a farsi curare, è un aspirante suicida!

Non soddisfatti di aver bloccato il traffico, fatto rischiare un infarto al primo della fila ed un tamponamento a tutti quelli che seguivano, i tre hanno avuto la faccia tosta di risentirsi per il suonar di clacson e per gli auguri di buona pasqua che alcuni degli autisti hanno diretto loro.

Più stranito che curioso sono rimasto a fissarli (immagino con un'espressione ebete dipinta sul viso) mentre uscivano placidamente dalla strada lasciando campo libero alle auto e falciando un po' di aiuole per raggiungere il marciapiedi. Uno di loro, forse in un modo di pietà verso la piantina che aveva fatto scricchiolare sotto le suole ha buttato a terra lo stecco del gelato ormai finito. Avrà pensato che potesse attecchire e dar vita ad un cespuglio di gelati alla crema ricoperti di cioccolato?

Non si trattava di ragazzini, erano uomini sui quaranta; non erano ubriachi, si muovevano senza difficoltà; non erano italiani, i tratti erano più marcati e la carnagione più olivastra. Poteva trattarsi di est-europei, forse di asiatici (entrambi gruppi molto comuni a Trieste, vuoi per vicinanza geografica, vuoi per la presenza del porto). La cosa un po' mi ha sollevato, la mia opinione sull'educazione dell'Italiano medio non è particolarmente felice, evitare di peggiorarla con questo evento era una buona notizia.

Ripresa la marcia ho raggiunto l'auto, recuperato le chiavi e sono poi tornato sui miei passi ripassando nella zona in cui avevo lasciato i tre simpaticoni. Quando li ho visti seduti in mezzo alla zona pedonale dei moli, intenti in una sorta di picnic cittadino con tanto di scarpe sfilate ed ammucchiate accanto a loro non ho potuto resistere alla tentazione di immortalarli. Dovevano essere parte della mia piccola collezione di protagonisti inconsapevoli.

Il razzismo si basa sul preconcetto che vi siano tipologie di uomini migliori e peggiori, che la genetica distingua una razza dall'altra ponendo limiti e determinando caratteristiche migliori o peggiori negli individui. La mia opinione è di far parte di una categoria di persone migliore di quella a cui appartengono i tre simpaticoni, questo fa di me un razzista?

Se il punto fosse la loro etnia lo sarei senza alcun dubbio, se giustificassi le loro azioni con la loro etnia lo sarei senza alcun dubbio. Ma visto che trovo inammissibile un simile comportamento da qualsiasi genere/razza/specie provenga non credo di fare distinzioni razziali tali da poter essere definito razzista.

Mi accontento quindi di un "razzismo" basato sull'educazione e pesato sul comportamento degli individui indipendentemente da quale sia il loro codice genetico. Posso tollerare l'ignoranza nella misura in cui derivi da situazioni in cui non sia stato possibile porvi rimedio, ma quando questa sfocia in arroganza, maleducazione, inciviltà e comportamenti in cui divenga evidente il disinteresse per la dignità e le necessità d'altri (singoli individui o società che siano) la mia tolleranza piomba a zero.

Quando poi mi capita di pensare che equivalenti italiani di questi fenomeni hanno i miei stessi diritti legali provo un vago senso di astio ed anelo una società maggiormente meritocratica in cui, per esempio, il voto di una persona corretta non valga tanto e quanto quello di un simile incivile. Poi torno con i piedi per terra e mi passa ... per fortuna o purtroppo?

Stay Tuned

sabato 12 maggio 2012

Cowbird: Pasticciando tra le foto.




Spulciando nella cartella delle foto fatte con lo Smartphone sono incappato in questo scatto, fatto con l'intenzione di parlare di una cena  e poi scartato perché la foto non rendeva minimamente giustizia al piatto. Anche andando oltre agli ovvi limiti di una fotografia dinnanzi a cose come l'aroma ed il sapore, la luce del flash, la scarsa qualità della macchina fotografica usata e le mie penose doti di fotografo avevano appiattito troppo l'aspetto di quella Carbonade Flamande. La carne scura, il sugo denso e corposo, i riflessi traslucidi del grasso e delle cipolle, la crosta dorata della polenta. Tutto piallato e reso una sorta di oscura ed indefinita tinta unita capace solo di mettere in risalto il candore del piatto. Non mi piaceva ed anche se mi seccava non avere un'immagine utile di quella cena, l'ho scartata.

Rivedendola ho avuto un certo aumento di salivazione e non ho potuto far a meno di rivalutarla. E' stato un po' come trovarsi dinnanzi ad un vecchio peluches dei tempi dell'infanzia: al tempo era stato messo da parte perché liso e rovinato, ma quando viene ritrovato ha in sé la bellezza dei ricordi ed una punta di dolce nostalgia. Forse, nel trovarmi difronte all'originale, ero stato troppo duro con lei, non è venuta poi così male ...

Insomma, mi sono scoperto intento ad illanguidirmi ed a fare gli occhi dolci alla foto di un piatto. Non so se questo possa ricadere tra i peccati di gola, ma se posso esprimere la mia opinione preferirei rientrasse nella categoria di peccati "innalzare falsi idoli", così per punirmi lo scioglierebbero (non che ci voglia molto, si scioglie in bocca) e mi costringerebbero a mangiarlo.

Stay Tuned

sabato 5 maggio 2012

Cassonetti fraudolenti


Quando ho occasione di passeggiare, indipendentemente da quale sia il luogo in cui mi trovo, mi capita spesso di perdere alcune caratteristiche macroscopiche di quel che mi circonda, di non notare un monumento od un intero palazzo passato in secondo piano rispetto all'elucubrazione del momento. Di contro è comune che colga dettagli di secondaria importanza, oggettivamente insignificanti ma curiosi quanto basta per meritarsi qualche secondo d'attenzione.

Me ne andavo bel bello per la mia strada quando sono incappato in questo bidone dell'immondizia e non ho potuto resistere alla tentazione d'immortalarlo. Non si tratta di uno strano caso di feticismo per la mondezza, ma di un particolare insignificante saltatomi agli occhi mentre stavo passandogli accanto.

Chi abbia posto attenzione all'indicazione del luogo dove questa storia si ambienta avrà già capito a cosa stia riferendomi: un bidone targato Lignano in quel di Muggia! Un evento comprensibile per comuni limitrofi, ma Muggia e Lignano, pur posti a circa 40 chilometri di distanza in linea d'aria, sono divisi da un golfo e la strada per andare dall'uno all'altro è di circa 100 chilometri.

Un prestito? Un furto? Un errore della ditta che ha in appalto la raccolta dei rifiuti? Un tentativo di Muggia di fingersi una località balneare famosa in molti stati europei? Ai posteri l'ardua sentenza.

Stay Tuned